lunedì, ottobre 31, 2005

Apes Purpureae around the Mediterranean

Apes Purpureae parteciperà al progetto "Artmed around the Mediterranean", ovvero la Commedia dell'Arte nei paesi del Mediterraneo. Presto altre novità su questo progetto!

lunedì, ottobre 17, 2005

Provino!

Per tutte le api attrici in ascolto! Il giorno 25 ottobre 2005 a Monza ci sarà un provino per cercare la nuova Colombina perchè Silvia è stata chiamata da Bosetti e Alessia (la nuova) a Dicembre partirà con M.Castri. Visto che attrici! fantastiche!
Colombina deve essere solare, atletica, acrobatica e soprattutto BRAVA!
Fatevi sentire attraverso il blog o mandate foto e curriculum QUI:
info@lacommediadellarte.net

Apo

venerdì, ottobre 14, 2005

Smettere di remare per un giorno...

Sono d'accordo e solidale in linea di principio con gli organizzatori di questo sciopero che vuole protestare contro i tagli che la finanziaria attuerà al F.U.S. (Fondo Unico per lo Spettacolo). Il nostro paese vive "culturalmente" grazie a questo fondo e altre forme di sovvenzioni pubbliche. Non voglio entrare nel merito del problema che è ampio e complicato ma certamente ribadire che il "problema" c'è per davvero.Tagliando questi fondi si darà la mazzata finale al sistema di finanziamento culturale oggi vigente. Sarà la fine della lirica, del cinema e del teatro? Finiremo tutti a fare i figuranti per Maria de Filippi? Probabilmente sì. Ricordo le parole di un mio insegnante di Accademia che aveva visioni apocalittiche riguardo la cultura in Italia. Basta accendere il "maledetto elettrodomestico" per capire che aveva ragione. Tutti i grandi personaggi intervistati da Apes alla domanda "crisi" hanno risposto con fiumi di parole denunciandola come molto molto profonda.
Tornando allo sciopero: questa forma di lotta o protesta è fondamentale per la nostra democrazia, per i nostri lavoratori, per la società ma, nel caso dello Spettacolo Italiano, non servirà a niente.
Lo sciopero passerà assolutamente inosservato perchè in Italia i lavoratori dello spettacolo NON NON SONO CONSIDERATI LAVORATORI.
Gli "altri", i "veri lavoratori", si chiederanno:" perchè scioperano se fanno quello che hanno sempre voluto fare?" Non c'è, cioè, una consapevolezza collettiva del lavoratore artista. Se una ragazza, prendiamo la categoria più debole, vuole fare la ballerina deve dire che farà la velina altrimenti non verrà considerata una che "lavora".
Questo è il problema vero, non il taglio del F.U.S! l'Italia culturale paga caro l'aver voluto distanziare "il popolo" dalla cultura costruendo una Cultura Culturale dove lo snobbismo è il primo biglietto da visita.

La soluzione dei nostri mali può passare solo:
1- attraverso un riavvicinamento delle masse alla cultura. Questo non significa necessariamente far scadere la qualità o vendersi al "mercato" ma trovare nuove forme di sostentamento evitando possibilmente l'assistenzialismo statale.
2- conseguentemente un abbassamento del prezzo dei biglietti.
3- abbassare le paghe dei Grandi artisti per poter lavorare di più e tutti.
4- usare la Rete per proporre cultura soprattutto ai più giovani.

Signori, la nave affonda! Quelli che stanno sottocoperta affonderanno per primi ma quelli che stanno in cabina di comando
seguiranno presto la loro sorte e smettere di remare per un giorno non salverà la nave che affonda.

Spero non siate d'accordo con me e abbiate voglia di criticare in maniera costruttiva qui: http://apespurpureae.blogspot.com/
Un saluto a tutti.

Apo

domenica, ottobre 02, 2005

Mela cafè con Giuseppe Emiliani


Un caffè, un mac e...Giuseppe Emiliani.
Pubblico questa prima parte dell'intervista al bravissimo regista del "Servitore di due padroni" con Marcello Bartoli.
Intervista di Pierpaolo Comini. Su www.commediadellarte.eu è pubblicata l'intera intervista con foto e audio.
Apo

Venezia, 26 settembre 2005
E: ...la cosa interessante è che loro lavorano molto, non hanno i tempi industriali che abbiamo noi. Però è da inserire dentro al modo di rapportarsi dei russi rispetto al teatro. Una cultura completamente diversa. Infatti spero di tornare a lavorare a Mosca perchè mi sono trovato troppo bene. Soprattutto sono rimasto molto impressionato dalla reazione del pubblico all'Arlecchino. A parte che farlo al Teatro Mali, che è un teatro stupendo...e poi la reazione del pubblico è stata molto molto positiva insomma. Loro hanno molta curiosità rispetto a quello che succede in Italia.
Pier: Più che gli italiani, rispetto a quello che viene dall'estero.
E: si, noi qua in Italia, ormai siamo alla frutta.
Pier: rispetto a questo infatti, la prima domanda, che è la domanda di rito, parla della crisi del teatro. Più che altro sono curioso di vedere come la vivi tu, dall'interno ma anche dall'esterno, rispetto al pubblico. Quando tu dici che qua in Italia tendiamo, o siamo insomma, alla frutta, liberamente, come la vedi da regista?
E: La crisi di qualsiasi arte, sia quella teatrale musicale, di danza o altro, la responsabilità di una crisi è dovuta da una crisi situazione culturalmente oggettiva, socialmente oggettiva. Da una crisi di interessi, di valori, di tempo da dedicare da parte del pubblico a un'attenzione particolare rispetto a una proposta artistica. Oggi siamo in un'epoca di grande distrazione, siamo molto distratti e abbiamo poca capacità di soffermarci un attimo a riflettere su alcune cose. E questa mancanza di possibilità di riflessione ha una ricaduta sull'aspetto teatrale. Da una parte c'è una scarsa sensibilità da parte di chi organizza cultura, di aprire, frontiere nuove, dall'altra una crisi di interesse da parte del pubblico. Superata l'epoca gogliardica, molto interessante, per alcuni aspetti, degli anni '70-'80, che ha scardinato in qualche modo equilibri interni, modi di concepire il teatro, non si è visto, poi, niente di particolarmente eclatante nel panorama teatrale nazionale. La cosa che, secondo me, è molto grave è che non sono nati attori nuovi. C'è una moria costante di grandi attori italiani, però non si è dato spazio in questi anni a forze nuove, sia in termini di regia che di presenza attorale.
Pier: mi viene uno spunto di riflessione. Mi sono chiesto: non è che la vera crisi sia dovuta ad un'incapacità di organizzare culturalmente.Il vero problema è che non è che non esistono futuri talenti o altro ma che sostanzialmente non c'è nemmeno la voglia di prendersi carico di questi che potrebbero diventare futuri talenti.
E: Un fatto significativo è che...manca una drammaturgia contemporanea italiana. Manca. Il che non vuol dire che manchino autori. Manca, in qualsiasi caso, un 'attenzione di chi organizza cultura, di chi promuove cultura, di chi produce cultura, di chi investe su futuri culturali, mancano investimenti su opere prime. Manca completamente una drammaturgia contemporanea, salvo alcuni episodi, forse gli unici verificatisi in questi ultimi anni, il cosiddetto Teatro d'Impegno Civile,i vari Paolini, Pippo del Bono. Sono anni che non si vede un testo teatrale, che non sia un monologo (il fatto che siano monologhi è anche legato ad un problema di costi,no?). Mancano strutture. Ad esempio i teatri stabili, che per legge dovrebbero promuovere la drammaturgia contemporanea, non producono spettacoli di drammaturgia contemporanea. E questo è molto molto grave. Non c'è coraggio, bisogna avere coraggio anche perchè è vero che il pubblico italiano è abbastanza restio a spendere una sera per andarsi a vedere un testo di un autore sconosciuto, non cè questa curiosità che c'è nei paesi scandinavi o in Germania, anche in Francia sotto certi aspetti. In Italia sembra quasi che se nei cartelloni dei teatri stabili non ci sono i nomi dignitosi ( più che dignitosi) che siano ormai consolidati, sembra quasi ci sia la paura di perdere abbonati. Una paura legittima, con la crisi che c'è effettivamente... però occasioni di aprire ad esperienze Altre, che guardino in qualche modo al rapporto con il mondo contemporaneo, questo manca in Italia. Questo impedisce la nascita di nuovi attori e di nuovi autori.Per esempio io scrivo, mi diletto a scrivere, ma trovo mille difficoltà ad allestire quei testi e se anche li allestisci non c'è poi nessuno che ti distribuisce lo spettacolo. Una cosa che si mangia la coda da sola. Anche per chi mira ad essere presente nel presente trova delle oggettive difficoltà.
Pier: rispetto alla nuova drammaturgia e a difficoltà, non può anche essere dovuto alla generazione dei grandi registi che si sono forse fossilizzati sugli stranieri o solamente sui classici italiani. Detto questo cosa pensi dei GRANDI, possono averti influenzato?
E: I GRANDI per fortuna ci sono stati ma c'è sempre un atteggiamento eccessivamente reverenziale rispetto ai grandi in Italia. Sono abituato a guardare la realtà con molta oggettività, mi faccio affascinare dalla realtà ma la considero come un fatto molto relativo, insomma. Quindi un Grande messo di fronte ad un altro Grande diventa improvvisamente piccolo. Il Grande per eccellenza non esiste. Esempio: quando ho allestito l'Arlecchino servitore di due padroni tutti mi dicevano: come osi fare uno spettacolo come questo dopo il grande allestimento di Strehler? secondo me il confronto con un grande è lo stesso che devi avere con un classico. Rimettersi, in qualche modo, a studiare senza timori, memore di un'esperienza storica precedente. Devi avere coraggio.Mi è capitato sia per il Servitore di due padroni sia per Una delle ultime sere di Carnevale, due spettacoli goldoniani, in entrambi i casi. Uno con lo Stabile, l'altro con l'estate veronese, quando li ho proposti mi hanno guardato con grande stupore. Poi la battaglia è stata vinta perché l'Arlecchino servitore di due padroni che ho allestito non nega l'esperienza di Strehler ma apre orizzonti nuovi.
(si accendono una sigaretta)
Pier: E riguardo ai Grandi e la drammaturgia?
E: Secondo me in Italia i grandi attori, per un vizio quasi ottocentesco, perché noi abbiamo ancora, per certi aspetti, un atteggiamento ottocentesco rispetto al teatro, sembra quasi che l'attore "grande" voglia quasi mettersi i tacchi per essere un po' più alto, rispetto al partner che magari è un po' più alto di lui, in termini (ridono) di altezza fisica. Credo che anche i grandi attori e registi, abbiano la loro responsabilità rispetto alla non nascita di grandi attori o registi. Ad esempio è significativo il fatto che Strehler, che pure ha lavorato per anni a Milano, non abbia allevato nessun grande regista la suo fianco. Si è guardato anche bene dal farlo. Vabbè, è la miseria umana. Però questa cosa qua è grave. Secondo me vale comunque la pena coltivare talenti, dare opportunità, insomma. Per il teatro, come per la vita, è solo per strani meccanismi del caso che ti offrono o meno delle opportunità. Io ho avuto la fortuna, per alcuni aspetti, tra l'altro ne sarò sempre grato a...Giulio Bosetti, che rientra tra l'altro tra questi grandi vecchi, uno degli ultimi, insomma. Quando era direttore dello Stabile del Veneto mi ha affidato delle regie. Rischiando, investendo forse su di me. Questo l'ha fatto senza quell'atteggiamento di paure, gelosie o altro, come invece si manifesta in altri ambiti. Questo ha dato a me la possibilità di farmi conoscere a livello nazionale e di produrre delle cose in situazioni anche economicamente "protette". Questa è la cosa più importante: offrire delle opportunità.